La figura della Sibilla nell'antichità

La figura della Sibilla nell'antichità

Sibilla: figura presente in tutto il Mediterraneo

Pubblicato il: 23 settembre 2020. By CartomancyBlogger

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Oggi vi parleremo della figura della Sibilla nell’antichità e la sua presenza nella grande letteratura antica. Quella della Sibilla è una figura davvero importante nella società di moltissime civiltà del mondo antico: questa figura ha avuto a che fare con le società del mondo antico greco e romano.

Ma qual è il vero significato della figura della Sibilla? Le Sibille erano della fanciulle vergini ispirate dagli dei ed in particolare dagli dei saggi come Apollo. Le Sibille prendevano inoltre i responsi dal Dio della musica e dal Dio del sole: detti responsi apparivano spesso e volentieri particolarmente oscuri e dal significato incerto e a tratti polivalente.

Sibilla: figura presente in tutto il Mediterraneo

Nell’epoca antica la Sibilla era una figura presente praticamente in tutti i luoghi che bagnavano il Mediterraneo: Italia (Sicilia), Grecia, Asia Minore, e ancora Africa. Probabilmente la più celebre e famosa sibilla della letteratura classica è la Sibilla Cumana.

A partire dal II secolo la figura antica della Sibilla si sviluppò anche tra gli antichi ebrei, nei territori di occupazione romana. Nel contesto ebraico i responsi delle sibille venivano talvolta interpretati come anticipazioni dell’avvento del Messia. Anche la cultura cristiana, alcuni secoli seguenti interpretò alcuni responsi delle sibille pagane come anticipazioni della venuta di Gesù Cristo.

Le veggenti professioniste a Lugano fanno spoesso riferimento al significato ed etimologia del termine “sibilla”, secondo l’interpretazione di Varrone, la parola potrebbe significare “volontà o deliberazione degli dei”. Seconda un’altra ipotesi interpretativa il termine sibilla deriverebbe invece dalla parola “sybulam” che significa “avvertimento di Dio”. Sembra tuttavia che quest’ultima interpretazione etimologica sia errata e si trovi solamente in alcuni testi di origine medievale.

E’ bene inoltre precisare che “Sibilla” in epoca antica era un nome di persona vero e proprio: in questo modo doveva chiamarsi la Sibilla Libica, come testimoniato dal celebre storico Pausania, autore dell’opera intitolata Geografia. L’interpretazione di Pausania si ispira ad Euripide e al gioco di parole ed anagramma SibyLLybis.

La figura della Sibilla nella storia antica

Una delle prime citazioni letterarie della figura antica della Sibilla, intesa prettamente come figura di natura mitologica è da attribuirsi ad Eraclito di Efeso. A citare la Sibilla furono poi Euripide, Aristofane e il grande sommo filosofo Platone.

Dopo le prime espressioni letterarie la figura della sibilla si diffuse in molte società e tradizioni locali, proprio grazie ai movimenti ed agli spostamenti della civiltà ionica nel Mar Mediterraneo. Secondo quanto riportato dal Lattanzio, le sibille erano figure ispirate dall’unico e vero Dio Cristiano.

Le Sibille Varroniane

Nello sviluppo della figura della Sibilla fu molto importante Varrone, il quale creò una speciale lista di 10 sibille. La prima sibilla citata è Persica, identificata successivamente con Caldea. La seconda Sibilla è Libica (prende il nome dalla Libia, il suo Paese di origine). La terza Sibilla è Delfica (Santuario di Delfi).

La quarta Sibilla è Cimmeria, proveniente dalla penisola italica. La quinta Sibilla è Eritrea. La sesta è Samia, la settima è Cumana, ovvero proveniente dalla città di Cuma, i cui abitanti fondarono poi Partenope, l’odierna Napoli. L’ottava Sibilla è l’Ellespontina, mentre la nona è la Frigia. L’ultima Sibilla è la Tiburtina, proveniente dalla città di Tivoli.

La Sibilla nella mitologia greca e romana

Il mito della Sibilla è certamente stato alimentato dalla mitologia greca e romana. Nella mitologia classica e nella storia, la sentenza della Sibilla è divenuta un importante monito in grado di influenzare decisioni anche di carattere politico e militare.

L’idea che avevano della Sibilla gli antichi greci e romani era quella di una donna vergine (giovane o di età avanzata) che aveva il principale compito di creare una sorta di ponte tra gli uomini e gli dei, fornendo importanti indicazioni e responsi riguardanti il futuro. La Sibilla comunicava con gli dei in uno stato di trance, profettizzando con l’ausilio di alcune foglie, che sparpagliandosi davano luogo ad oracoli, a volte particolarmente astratti ed incomprensibili. Proprio per questa ragione le sibille amavano dare un’interpretazione personale degli oracoli.

La figura della Sibilla era molto rispettata nella società dell’antica Grecia e dell’antica Roma: la ragione di questa grande riverenza era attribuibile al fatto che la Sibilla era in grado di interpretare e conoscere il futuro e parti oscure del destino umano: neanche i riti consuetudinari propiziatori avevano nella società classica un potere così importante.

Il grande filosofo Platone, allievo di Socrate cita solamente una sibilla nelle proprie opere. Per quanto riguarda invece la storiografia romana, come precisato nei paragrafi precedenti, Marco Terenzio Varrone cita ben 10 sibille.

In termini generali possiamo dire che la figura mitologica della Sibilla può essere accomunata a quella della Pizia dell’Oracolo di Delfi. In entrambi i casi la verginità rappresenta un elemento di fondamentale importanza, dal momento che non escludeva l’unione sessuale tra la Sibilla e la divinità: quest’ultima prediligeva ovviamente donne pure e caste.

La Sibilla in particolare veniva ingravidata da Apollo attraverso lo spirito dell’oracolo che esternava ai mortali. Una delle Pizie Delfiche più importanti fu la Principessa Cassandra di Priamo ed Ecuba: quest’ultima nonostante la sua grande bravura non era tuttavia riuscita a farsi credere da nessuno. Le Pizie prendevano il loro nome direttamente da Apollo Pizio, ovvero Apollo nelle vesti di uccisore del serpente Pitone, del quale avevano preso il posto di guardiano del Santuario di Delfi.

Tornando alle Sibille delle civiltà classiche, quando esse vaticinavano, raccoglievano tutti gli oracoli, dando vita a scritti che divenivano delle vere e proprie opere letterarie. Durante il responso la Sibilla parlava in prima persona. La Pizia emanava invece il proprio responso in stato di estasi, nel corso di una possessione operata da Apollo. Quando la Pizia vaticinava in prima persona, in tal caso significava che a parlare era direttamente la divinità.